Matteo Picciolini
Entrare nel mondo di Frédéric Chopin significa immergersi in un universo di emozioni particolari,
intrise di melodia, dove ogni nota è una finestra aperta sull'anima tormentata del compositore.
Nato nel mezzo del panorama romantico del XIX secolo, Chopin ha lasciato un'impronta
indelebile nella storia della musica, trasformando le esperienze personali di una vita in composizioni.
Le sue opere riflettono le sfumature della sua stessa esistenza, catturandone al contempo
le gioie effimere e le profonde tristezze.
Attraverso la tastiera del pianoforte, Chopin dipinge paesaggi sonori intrisi di passione e dell'incessante richiamo alla sua amata Polonia.
In questo post racconto dell'improbabile amicizia nata con Frédéric. Per farlo, sono costretto a fare una rapida quanto inadeguata biografia della sua vita.
Breve biografia
Frédéric nasce nel 1810 in Polonia, un periodo segnato da rivoluzioni politiche e cambiamenti culturali.
La terra natale, con il suo ricco patrimonio artistico e la lotta per l'indipendenza, gli sarà sempre cara,
tanto da dedicarvi varie mazurche, le polonaise, il Krakowiak. Gran Rondò da concerto e la Fantasia su arie polacche.
La vita di Frédéric prende una svolta significativa quando si trasferisce a Parigi nel 1831.
Qui, nel cuore del romanticismo europeo, entra in contatto con artisti, poeti e musicisti
che condividono la sua passione per l'espressione individuale.
Il Romanticismo, con la sua enfasi sulla libertà creativa e l'indagine delle emozioni umane, offre a Frédéric il
terreno fertile su cui coltivare la sua genialità musicale.
Dopo un periodo di grande sofferenza e delusione sorto a causa del fallimento della relazione con Maria Wodzińska, che durò tra il 1835 e il 1836,
Frédéric intraprese un turbolento rapporto con la scrittrice francese George Sand nel giugno del 1838.
Il breve e infelice soggiorno a Maiorca con George e i figli di lei, avvenuto tra il 1838 e il 1839,
coincide con uno dei periodi più produttivi per Frédéric.
La relazione tumultuosa con la scrittrice, rappresenta un capitolo significativo della sua vita,
che lascia un'impronta indelebile non solo nella sua esistenza ma anche nella sua musica.
La separazione con George Sand nel 1847 lascia Frédéric emotivamente instabile e sofferente. La sua salute si deteriora rapidamente, e nelle ultime fasi della sua vita compone sempre meno.
Muore di tubercolosi nella notte del 17 ottobre 1849, al numero 12 di Place Vendôme a Parigi all'età di 39 anni.
Circondato dei suoi amici, stringe una croce fra le mani. Tredici giorni dopo, numerosi conoscenti, amici e ammiratori gli dicono arrivederci al cimitero Père-Lachaise.
Il senso del dolore
Ho ascoltato e suonato brani composti da Frédéric per molti anni.
Ricordo lucidamente la prima volta che ho messo le mani sulla tastiera per suonare un suo brano, Preludio in Mi minore, Op. 9 n. 4,
un pezzo semplice ma incisivo, che mi raccontava qualcosa in una modalità del tutto nuova.
Non avevo chiaro cosa mi stesse dicendo, era solo un pensiero sfumato, ma
sentivo che quell'uomo mi stava raccontando qualcosa di sè, senza filtri.
Mi ricordo che una volta imparata questa paginetta la suonavo allo sfinimento, per capire, per afferrarne fino in fondo il significato.
Ma ogni volta cambiavano le carte in tavola, ogni volta che la suonavo era sempre diversa, eppure era così semplice, sarei dovuto riuscire a rifarla...
Non sono mai riuscito a suonare un pezzo di Frédéric uguale a come l'avevo già suonato precedentemente.
La partitura, le note, erano sempre le stesse, ma la magia era quello che accadeva tra le note dello spartito.
Quegli spazi bianchi che Frédéric mi chiedeva di riempire con la mia vita, con le mie domande.
È nata così l'amicizia con Frédéric, quando ho smesso di cercare di replicare quello che c'era scritto sul foglio che avevo davanti e gli ho raccontato la mia storia.
Subito mi sono scontrato e innamorato dei suoi Notturni. Attraverso questi, in modo più limpido che a parole, Frédéric mi raccontava di me,
di quella strana sensazione che mi lascia inerto davanti un cielo stellato o guardando gli occhi della donna che amo.
Così mi ha accompagnato per tanti anni, anche quando ho smesso di suonare. Era un modo ancora diverso, e sicuramente più difficile, di volersi bene.
Non potevo suonare, quindi lo ascoltavo, in esecuzioni di altri.
Cercavo di non riascolatare mai la stessa traccia, per evitare di riascoltare un'esecuzione identica alla precedente.
E quando è arrivato il momento della mia sofferenza Frédéric non mi ha lasciato. Ascolto ogni giorno almeno un suo pezzo, perché
mai nella mia vita ho incontrato qualcuno che sappia stare davanti al mio dolore come Frédéric.
È qui, nel grande tormento che provo, che ho intuito la grandezza di quello che ho incontrato a 16 anni ascoltando e suonando la sua musica.
Frédéric non mi hai mai dato mezze misure. La vera questione della vita non è trovare qualcosa che plachi la soffenza e metta a tacere la malinconia.
Il desiderio di una vita compiuta che anima i suoi brani, è la fonte di inquietudine più grande che lui stesso non ha mai eliminato,
perché eliminandola non sarebbe stato fino in fondo leale con sè stesso. Ogni nota, ogni sospiro, ogni rubato, non è mai solo pura esaltazione del dolore - sarebbe sadismo -
ma slancio per riaffermare il desiderio ultimo di una vita donata.
Questo mi è sempre più evidente ascoltando i suoi Notturni,
in cui credo Frédéric si lasci totalmente trasportare non dal sentimento,
ma dalla sete di felicità che niente e nessuno, nemmeno George, la sua amata Polonia o la musica stessa potevano saziare.
Frédéric cade mille volte nell'errore di chi si ferma alla malinconia, ma mille volte e uno si rialza, e dona tutto sè stesso alla musica perché è certo che non è condannato a quella sofferenza.
Anche sul letto di morte, consolando i suoi amici dice: Amo Dio e amo voi… Morire così va bene. Non piangete, amici cari. Sento che muoio. Pregate con me. Addio, al Cielo. Sono alle fonti della felicità.
Qualche mese fa sono andato a trovare un amico che viveva a Parigi, e sono passato a trovare Frédéric al Cimitero di Père-Lachaise.
Si tratta del più grande cimitero della città, talmente grande da potersi tranquillamente perdere. Dopo una faticosa ricerca ho trovato la tomba di Frédéric
affianco a un sentiero che passava nella parte più interna del cimitero.
Come ho visto la tomba, sono scoppiato in lacrime. È stato come abbracciare un caro amico che non vedi da tanto.
Più commovente ancora, è stato vedere la tomba colma di fiori.
Quando sono andato era Dicembre, faceva freddissimo: per essere così belli e freschi qualcuno li doveva avere messi li da poco.
Sono rimasto lì per una mezzoretta, a pensare a quanto fosse assurdo questo legame con una persona che fondamentalmente è morta più di 150 anni fa.
Pensavo a quanto fosse assurdo che al posto che visitare Parigi, mi trovassi lì, in un cimitero, a pregare per uno che non ho mai visto in faccia.
Mentre dicevo qualche preghiera è passato uno dei custodi, che, sinceramente interessato, ha chiesto di me, chi fossi, cosa ci facessi lì. Mi ha raccontato di come quella tomba fosse una delle
più visitate del cimitero, e che spesso i visitatori portavano dei fiori per lui.
Nemmeno lui se lo spiegava, e rimaneva colpito ogni settimana di vedere volti nuovi davanti alla tomba di Frédéric.
Ringrazio Frédéric di tante cose, ma soprattutto perché mi insegna con la sua musica, a distanza di secoli dal suo ultimo respiro su questa Terra, ad avere la forza di affrontare la mia sofferenza, di cercarne il senso fino alla fine,
senza esserne condannati e con uno slancio rinnovato ogni giorno.
Grazie Frédéric, riposa in pace.