Matteo Picciolini
Premessa: In questo post voglio trarre alcuni spunti di giudizio dalla vicenda del brutale assassinio di Giulia Cecchettin per mano
dell'ex fidanzato Filippo Turetta. Preciso che non conosco o ho mai conosciuto nè Giulia nè Filippo,
per cui è evidente che il giudizio che esprimo è estremamente generale e, per certi aspetti, inadeguato.
È una settimana che controllo ogni giorno le notizie per seguire la vicenda Giulia Cecchettin.
Il ritrovamento del suo corpo inanime, martoriato da ferite profonde, mi scuote terribilmente,
e mi impone una riflessione seria su questa tragedia, che, fondamentalmente, credo abbia origine dall'intuizione di
una grande promessa di bene destinata a scontrarsi con la libertà di qualcun altro di dire no.
È indubbio che questo delitto porti intrinsecamente con sé un'importante questione di genere, che esiste
e deve essere affrontata, ma è semplicemente riduttivo fermarsi a questo.
In fondo, questa vicenda mostra un disagio culturale ben più radicato: non solo credere che tutto
sia dovuto, ma esigere che quel poco che riusciamo a prendere per noi sia tenuto assieme da noi stessi e da nostre capacità.
Non è così. Le amicizie vere, le relazioni importanti della vita, non sono dovute: accadono, non siamo noi a decidere come e quando,
semplicemente accadono misteriosamente. Riconoscere questo mistero di fondo nei rapporti,
è riconoscere che non si può vendere o comprare un legame affettivo, né si può, in ultima istanza, controllarlo.
Ogni volta che non riconosco il mistero che si cela dietro a qualcun altro, tutto si trasforma in pretesa
e ogni azione è, in potenza, violenza contro l'altro.
Lo esprime in modo chiarissimo il personaggio di Girolama nell'opera teatrale Miguel Mañara
del drammaturgo lituano Oscar Vadislas:
Io non colgo mai i fiori. Si può benissimo amare a questo mondo senza aver subito la smania
di uccidere il proprio caro amore, o di imprigionarlo tra i vetri, oppure, come si fa
con gli uccelli, in una gabbia in cui l’acqua non ha più il gusto dell’acqua e i
semi d’estate non hanno più il gusto dei semi.
Fiaccolata organizzata per ricordare Giulia Cecchettin a Vigonovo il 19 novembre 2023
Sull'onda della credenza che tutto possa essere controllato e gestito da noi o dagli altri, credo che il vero dramma di Filippo sia questo:
l'aver riposto in Giulia - caricandola di un peso ingiusto -
la speranza della propria vita, il fine ultimo della sua stessa esistenza.
Questo, però, non è stato né amare lei, né la propria vita: questo è stato ridurre lei ad oggetto di pretesa e rimpiazzare con un
fantoccio il desiderio di compimento della propria vita.
Non esiste realtà che non tradisca la promessa del cuore perché il cuore è
fatto per l’infinitamente grande e si dispera per ciò che scopre più piccolo.
(Giulia e Filippo, la violenza di una promessa impossibile, ilsussidiario.net, Federico Pichetto, 19.11.2023).
Se veramente il mio amare è riporre la speranza ed il senso della mia vita nella persona che amo,
è impossibile, veramente impossibile, che io sostenga lo sguardo davanti al mistero che quella persona è.
È veramente impossibile, in queste condizioni, prendersi la responsabilità di amare la libertà dell'altro
al punto di lasciarlo andare e riconoscere la propria impotenza davanti al mistero che l'altro rappresenta. Ed inevitabilmente, ciò che prima era la gemma più rara e preziosa, diventa impedimento e matrice di odio.
La tragedia che si è consumata negli scorsi giorni ribadisce quanto possiamo essere schiavi di quella che crediamo sia libertà.
La necessità che tutto si debba e si possa possedere porta a credere che libertà significhi agire senza restrizioni, secondo impulso o desiderio personale.
Non solo una libertà così è una menzogna
- perché affinché tutti siano liberi allo stesso modo, la libertà del singolo è arginata dalla libertà degli altri -
ma mette anche in un'ottica in cui quando qualcosa mi è negato per libertà di qualcun altro,
quella negazione è annullamento della mia persona piuttosto che richiamo e domanda di vocazione.
La verità vi farà liberi (Gv 8,32).
La mia libertà non è tale in quanto mi è possibile tutto, ma perché mi fa vivere secondo verità, e non nega la realtà.
Negli ultimi giorni ho letto tanti commenti pieni di odio nei confronti di Filippo,
che mi lasciano perplesso rispetto al senso comune di giustizia.
Filippo non ha giustificazioni per quanto ha commesso, e deve rispondere delle proprie colpe.
Rimane, però, disumano quello che sta succendendo sui social in questi giorni,
quando si inneggia all'odio e alla vendetta giustificandosi con la violenza compiuta da Filippo.
Quando, quindi, si risponde alla violenza di uno, con la violenza di tutti (Black Mirror, White Bear – 2×02).
Stupiscono, in questo senso, le parole di Gino Cecchettin, papà di Giulia, che più di tutti avrebbe diritto a volere il
male di Filippo, che, invece, nella drammatica immediatezza del ritrovamento del corpo della figlia ha scritto:
L’amore vero non umilia, non delude, non calpesta, non tradisce e non ferisce il cuore. L’amore vero non urla, non picchia, non uccide.
Sarei disonesto a non ammettere che quanto ho scritto finora è frutto di un percorso estremamente personale,
che però ritengo abbia molto da dire rispetto a questa vicenda.
Credo che l'unico fondamento di speranza possibile -
veramente all'altezza del desiderio e della sofferenza di ciascuno (per me, ma anche per Giulia e per Filippo) - sia la compagnia di Cristo:
il Suo abbraccio misericordioso, presente qui e ora, resta l’ultima parola anche su tutte le brutte possibilità della storia (L.Giussani, L’avvenimento cristiano).