Matteo Picciolini
Due anni fa, in questo periodo, durante un direttivo CUSL,
discutendo di alcune questioni circa i bilanci e l'acquisto
libri per il nuovo semestre, un caro amico riportò queste parole:
Caro Piccio, tutto prima o poi fallisce. La questione vera è: cosa rimane?
Ricordo chiaramente la scena: io, seduto dietro il bancone, focalizzato
sul particolare dell'acquisto libri - certamente importante, seppur minimo -
mentre lui, su uno sgabello davanti alla porta di ingresso,
con questa frase spalancava lo sguardo ben oltre il particolare su cui io ero ripiegato.
Sono rimasto intontito, senza parole.
Tutto fallisce.
Me lo ripetevo tra me e me per settimane dopo aver udito queste parole.
Anche ora, davanti ad alcune cose che mi accadono, questo ricordo torna spesso alla mente.
Tutto fallisce. E allora perché non darsi per vinti fin da subito?
Perché, se sappiamo già come finirà, mettere il cuore nelle cose, costruire fino
all'ultimo, dare la vita per qualcosa?
Già solo in termini imprenditoriali, questa frase dice una grande verità,
che nel mondo globalizzato di oggi, governato dai giganti aziendali,
stentiamo a credere: un giorno, anche l'imbattibile Amazon,
l'infallibile Google, il colosso Meta, ... avranno fine.
Ma allora, veramente, perché sprecare la propria vita per qualcosa che ha
segnata una data di scadenza?
Fin da subito, però, mi è stato chiaro che questa domanda non si limita semplicemente
all'ambito aziendale, ma è una questione per la vita. È vera per le relazioni,
gli amici, la ragazza o il ragazzo, la moglie o il marito; per il lavoro; per la famiglia,
la mamma e il papà, i fratelli. Che follia donare sé stessi, dare tutto di sé
per qualcosa che non ha il sapore dell'eterno.
Lo dice bene Brunori Sas, quando canta in La Verità:
La verità
è che ti fa paura
l'idea di scomparire
l'idea che tutto quello a cui ti aggrappi
prima o poi dovrà finire